Visto che nell’articolo precedente, seguendo la questione del marketing nel mondo alimentare, ho parlato del sale, accontenterò una richiesta che mi è pervenuta sullo zucchero e sui falsi miti che circolano su questo alimento.

Quest’articolo si collega al precedente ed ora vedremo perché.
Per prima cosa definiamo cos’è lo zucchero ed a quale zucchero ci riferiamo al giorno d’oggi.
Purtroppo dovrò farvi un piccolo pippone di chimica che ci potrà essere d’aiuto per capire meglio l’argomento.
Lo zucchero comune che troviamo al supermercato è il saccarosio, composto da glucosio e fruttosio legati assieme: come tutti i carboidrati ha le medesime calorie, ovvero 4 calorie per ogni grammo, ed ha la caratteristica di essere bianco naturalmente. Sì, proprio così: il saccarosio è bianco, di solito ricavato da barbabietola da zucchero o canna da zucchero.
Da entrambe le piante l’estrazione dello zucchero avviene con lo stesso procedimento chimico industriale, quindi non esiste un processo più o meno raffinato e la molecola, il saccarosio, è la stessa in entrambe le piante.
Tutto lo zucchero in commercio è ricavato per il 75% dalla canna da zucchero, anche quello bianco: solo che mentre per lo zucchero bianco non esiste l’obbligo di indicarne la provenienza, nel caso dello zucchero bruno, che sia specificata o meno la sua tipologia (ad esempio Dulcita, Mascobado, ecc.) abbiamo la certezza che provenga dalla canna da zucchero, nonché precisi riferimenti sulla confezione.
Un’altra differenza tra i due è che solo quello di canna si può trovare in vendita nella versione color caramello. La sostanza che conferisce questo colore non è altro che melassa, un residuo della lavorazione, che nel caso della canna da zucchero è buona e aromatica invece nel caso della barbabietola risulta sgradevole quindi viene eliminata.
Tutti noi cerchiamo di scegliere qual è il migliore prodotto ed il più salutare e la risposta è che il miglior zucchero è quello che non si mangia.

Sì, anche in questo caso come per il sale del precedente articolo noi esseri umani consumiamo troppo zucchero: dovremmo consumarne meno e non cercare uno zucchero diverso, come ci consiglia la pubblicità.
Molti di voi penseranno: “Allora prenderò solo il fruttosio che è più naturale e fa meno male”. Purtroppo no. Il fruttosio ha la particolarità che a freddo risulta più dolce e quindi per avere la stessa dolcezza del saccarosio se ne può usare di meno: per esempio nei gelati si utilizza spesso, ma penso più per questioni di risparmio, vista la minore quantità per dare lo stesso effetto. In questo caso effettivamente il fruttosio è di buon aiuto per la dieta e la salute. Tuttavia, se usato a caldo, ad esempio per i dolci, the o tisane, il fruttosio perde questa caratteristica e così saremo costretti ad usarne di più per ottenere la stessa dolcezza, allora addio ai vantaggi.
Un’altra cosa che crediamo è che il fruttosio sia ricavato dalla frutta per l’assonanza del nome.
In realtà il procedimento per estrarre il fruttosio dalla frutta è molto costoso e non conveniente, e solo alcune marche di questo tipo di zucchero indicano specificatamente la provenienza da frutta, ma sono 4 volte più care. Di solito si ricava dall’amido di mais con un più alto margine di guadagno. Tengo a precisare che la molecola è la stessa in entrambi i casi e non c’è nessuna differenza.
Riassumendo: lo zucchero in qualsiasi forma, che sia saccarosio, miele, sciroppo d’agave e simili va limitato, non eliminato, ma assunto con moderazione.
Le differenze tra gli zuccheri riguardano solo il sapore o la impiegabilità a seconda della ricetta della pietanza che andiamo a preparare.
Ad esempio, per un gelato è più indicato il fruttosio, mentre nel caso delle meringhe, anche in versione vegan con l’acqua faba, il saccarosio o zucchero semolato è più indicato perché aiuta al mantenere la compattezza in questo dolce.
Ci sarebbero ancora molte cose da dire ma per il momento mi fermo qui.
Se volete potete lasciare dei commenti o altre domande a cui risponderò appena mi sarà possibile.
Nel prossimo articolo parleremo di termini culinari e come riconoscerli nella realtà.