Who wants to kill the radio star?

  • Autore dell'articolo:
  • Tempo di lettura:9 minuti di lettura
Un frammento del video musicale di “Video killed the radio Stars” dei The Buggles

Chi vi scrive è una nostalgica, c’è poco da nascondere. Le mie preferenze si sono fermate al giorno prima dell’uscita di “Video killed the radio stars” dei The Buggles, il 6 settembre 1979, e la magia della radio mi ha sempre affascinato di più dello schermo colorato della tv.

Le voci calde e precise dei conduttori a cui disegnare un volto col passare dei giorni, le suggestioni da cogliere al volo, i brani di cui non riesci a captare il titolo e che ti restano in mente per tutto il giorno, per settimane, torturandoti per scovare qualche collegamento con il testo o con l’autore; per non parlare della musicassetta vuota perennemente pronta ad accogliere nuove canzoni e del dito rapido e scattante verso quel tasto Rec con il puntino rosso.

La radio è il solo mezzo di informazione che ha come unico protagonista il senso dell’udito, non distratto dalla vivace seppur fugace vista, e questo porta inevitabilmente ad un intenso esercizio di attenzione e ad una fervida opera di immaginazione, i quali a mio avviso preparano il terreno per una tenera forma di rapporto affezionato, che in qualche modo ricorda i luoghi ed i tempi della tradizione orale. Lo spiccato orientamento musicale della radio e l’incentrarsi sul complesso fenomeno della voce umana, portatore di sensi ben più profondi del solo livello denotativo, rendono questo medium capace di coinvolgere non con i subitanei ed accattivanti effetti speciali del video, ma con solidi e duraturi messaggi connotati emotivamente, sedimentati con cura nella durevole memoria uditiva.

Per decenni la radio ha svolto l’arduo compito di rendere l’informazione più capillare possibile e di diffondere contenuti culturali, musicali e letterari con uno stile elegante, colto, ma allo stesso tempo familiare, e con il grande coraggio di percorrere ed offrire sentieri di ricerca non ancora battuti (pensiamo al lavoro etnomusicologico portato da Alan Lomax nei programmi radiofonici anche italiani, oppure agli sceneggiati tratti da romanzi classici, tutt’altro che di pubblico dominio) ad un pubblico estremamente eterogeneo ma uniformemente ammaliato. La radio ha avuto un compito educativo, generando occasioni di condivisione e di crescita personale, anche in contesti che altrimenti non avrebbero potuto beneficiare di tali opportunità; e col tempo ha anche donato alle persone la possibilità di esprimersi e domandare sui più disparati argomenti, restando al sicuro dietro ad una cornetta telefonica ed infrangendo spesso condizioni di disagio e solitudine.

Nonostante il sorpasso di televisione, pay tv e web, resistono delle realtà ammirevoli nel mondo della radio, che continuano a prendersi cura del proprio pubblico, composto da pendolari, viaggiatori, nostalgici, appassionati, curiosi ed estimatori, proponendo un palinsesto di grande qualità con una particolare quanto apprezzabile residua libertà di espressione, generata proprio dai numeri degli ascoltatori abituali e dalla inferiore appetibilità pubblicitaria, rispetto ai grossi media che hanno preso il sopravvento.

Nel peregrinare tra le onde radio durante i miei vagabondaggi in Veneto, mi sono imbattuta in alcune radio a cui mi sono nel tempo oltremodo legata, fino a desiderare di dare il mio contributo sia per divulgarne il più possibile i programmi, che per tutelarne e proteggerne la longevità, coltivando anche una certa voglia di appartenere a quelle famiglie acustiche che tanto mi hanno donato e continuano a regalare. Una messe di musica prima sconosciuta, interviste, documentari, approfondimenti politici, storici, informazioni su mostre, festival e siti turistici con una particolare attenzione al territorio mi ha travolta, divertita e riempito il bagaglio delle mie passioni, inculcandomi dei dubbi e suggerendomi nuovi sentieri su cui avventurarmi nelle esplorazioni culturali.

Tra queste radio senza ombra di dubbio la mia preferita è divenuta con il tempo Radio Veneto Uno (97.500 MHz), una radio con sede a Treviso e diffusione pluriregionale nata nel 1975 e diretta da Roberto Ghizzo. Ma per quale motivo questa radio è così diversa dalle altre?

Radio Veneto Uno ha la capacità di racchiudere nella propria programmazione una quantità incredibile di ambiti, che possono soddisfare diverse tipologie di utente: si passa dall’informazione, ben cadenzata, approfondita e spesso arricchita da interventi di politici locali, interrogati sui principali fatti di attualità, agli sport (con particolare attenzione al mondo extracalcistico spesso sottovalutato dai media ed una vetrina peculiare sul golf), dalla musica classica alla sponsorizzazione di festival e mostre locali, da spazi dedicati alla psicologia, all’analisi di rari spaccati sulla musica antica, da guide cinematografiche a monografie sui protagonisti del jazz, del rock, del blues e del cantautorato.
Il tutto presentato con enorme professionalità, eleganza, precisione, una buona dose di spirito e dedizione verso le iniziative territoriali.

Tanta è la cura destinata alla musica, che Radio Veneto Uno, grazie alla collaborazione con professionisti del calibro del M° Giorgio Sini, ha istituito un’Orchestra Filarmonica, i Solisti di Radio Veneto Uno, con cui presenta concerti ed eventi spesso gratuiti per la popolazione, curandosi di repertori anche ricercati, appartenenti alla tradizione veneta o legati a particolari anniversari del mondo musicale: da non trascurare l’iniziativa della radio in tempo di pandemia, grazie a cui sono state messe a disposizione di tutti, senza scopo di lucro, più di cinquanta produzioni musicali originali dei Solisti sia sui canali web, che in collaborazione con alcune emittenti tv locali.

Come non soffermarsi poi sulla qualità dei programmi di analisi musicale come Suoni Inauditi, di didattica musicale come “In Classica”, di finestra sulla cultura locale e sul volontariato, o sottolineare la maturità civile che risiede nel pluralismo politico ed ideologico sempre preservato negli spazi destinati al dialogo con gli esponenti dei principali partiti della politica veneta o nelle riflessioni sulle istanze portate avanti per la difesa dei diritti e dell’ambiente.

Ma per quale motivo ho sentito la necessità di scrivere questo elogio dell’arte radiofonica, in special modo per quella concretizzata nel palinsesto di Radio Veneto Uno? In primo luogo, sicuramente per invitare i nostri lettori a sintonizzarsi sui 97.500 MHz ed in generale ad esplorare il panorama delle radio locali, che offrono contenuti di qualità e non solo di intrattenimento, ma ancor più per aggiungere la mia voce alla denuncia della minaccia che incombe su questi ambienti, vere risorse per le nostre regioni.

Dopo 21 anni di erogazione senza alcun particolare intoppo infatti, Radio Veneto Uno si è vista negare la contribuzione pubblica destinata agli organi di informazione che svolgono attività di interesse generale e questo a causa di un refuso, di “un’interpretazione del tutto erronea”, come dichiarato dal direttore Ghizzo, della legge 250 del 1990 sui contributi all’editoria, che rischia di violare il principio costituzionale del pluralismo dell’informazione (comma 1245 L. 296/2006).
La Radio, che ha una redazione, dei dipendenti e collabora con più di 200 musicisti, già vessati dalla situazione generata dalla pandemia, non ha ricevuto fondi dal Governo italiano perché non trasmetterebbe su territorio nazionale, ma solo sul Triveneto: come si può far valere i diritti inerenti all’informazione solo in ambito nazionale? Come è possibile spegnere delle scintille di divulgazione culturale così solerti e rare per semplici cavilli interpretati volta per volta da differenti personaggi, spesso in difesa di orientamenti politici ben definiti, che tuttavia hanno spesso avuto il giusto spazio anche sulle radio di cui ora minano la sopravvivenza?

Non voglio in questa sede dare risposte per le quali non sarei sicuramente competente, ma attirare la vostra attenzione su un dramma in corso: non è possibile denunciare l’impoverimento culturale di un paese senza sostenere delle cause così vicine alle nostre vite. Conosciamo ed appoggiamo le battaglie per la libertà di informazione e divulgazione come quella che ora impegna Radio Veneto Uno: seguiamo le sue attività e dove possibile contribuiamo parlandone, preservando queste oasi di musica e conoscenza che tanto possono ancora fare per le nostre città, per i nostri artisti, per acuire la sensibilità degli ascoltatori su importanti tematiche civiche.

Avete una radio? Esplorate l’FM fino a che vivrà. Non avete una radio? Compratela. Non ne volete una?
Cercate i podcast e le web radio con i vostri smartphone ed abbandonatevi all’ascolto.
Facciamo sì che le nostre orecchie siano ancora stregate dalla radio e dai suoi incantesimi e non lasciamo che il video uccida le sue star, Buggles permettendo.

Sitografia
www.venetouno.it

Foto

  1. Di Screenshot catturato (software utilizzato: VLC) e caricato da SunOfErat. – Video Ufficiale [1], Copyrighted, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3999636
  2. Photo by Alessandro Cerino on Unsplash
  3. Logo reperibile sul sito www.radiovenetouno.it

Amelia Mastrodonato

Amelia Mastrodonato nasce nel 1987 in Puglia, di cui si porta dentro la terra ed il mare. Ha sempre adorato la musica, tanto da esserne dipendente e presso l'Università degli Studi di Padova si è innamorata anche della filosofia ed ha deciso di coniugare le due passioni, diventando filosofa della musica. Quando ha scoperto l'esistenza di persone che si prendono cura degli altri con all'arte del suono, ha subito intrapreso gli studi in musicoterapia. Insegna follemente propedeutica musicale ai bimbi. Segue il percorso quadriennale per il Diploma in Canto moderno presso l'Accademia Lizard, disegna, segue l'orto, è patita di disegno, pittura e fotografia, si diletta in lavori di sartoria, muratura, falegnameria e carpenteria pesante. E' accumulatrice seriale di libri e vinili.