
L’associazione Perelun ha tante anime. E’ nata dall’incontro di sette amici provenienti da contesti, studi, luoghi, vite differenti per poter offrire al territorio delle occasioni di crescita culturale che spazino dalla salute mentale alla musica, dalla storia ai fenomeni socio-religiosi, dall’alimentazione consapevole alla filosofia. In questa nostra prima intervista ci soffermeremo a fare due chiacchiere con Enrico Ferro, il nostro appassionato di cucina e sperimentazioni culinarie, che nella sua carriera di pizzaiolo ha saputo aggiornarsi ed avvicinarsi anche alla scienza ed alla psicologia del cibo per comprendere ed aiutare a comprendere meglio tutti i meccanismi dietro l’industria della ristorazione, alla ricerca di un’esperienza meno patinata e pubblicitaria, più genuina e reale.
1. Come ti chiami e di cosa ti occupi?
Mi chiamo Enrico Ferro, sono nato a Padova ed ho 51 anni. Mi occupo di cucina in generale, ma in special modo di pizze, mondo in cui cerco di dare una mia impronta un po’ rivoluzionaria.
2. Potresti descrivere il tuo lavoro, che è in realtà una vera e propria arte (da quanto lo fai, dove lo hai fatto, quali sono state le esperienze più piacevoli durante la carriera)?
È un lavoro difficile da eseguire bene. Si devono calcolare molte variabili per ottenere il prodotto finale, dall’impasto al tipo di farina, dalla temperatura ambientale alle dosi di lievito alle tempistiche di lievitazione. Questo perché il prodotto deve essere lavorato solo quando viene ordinato e non quando è pronta la lievitazione, quindi occorre che l’impasto sia pronto per quando arriva il cliente e calcolare la cosa non è così semplice. Ho fatto questo lavoro in moltissimi posti, dove ho imparato molto da altri pizzaioli: ho fatto pratica anche di tecniche diverse per la lavorazione della pizza, sia con cottura a forno elettrico che a legna, ho utilizzato diversi tipi di attrezzature impastatrici, accumulando una discreta esperienza. Poi nel 2000 ho preso la decisione di aprire una mia pizzeria a Perarolo di Vigonza, dove mettere in pratica tutte le mie conoscenze. In realtà mi sono trovato bene in tutti i posti dove ho lavorato, grazie ai quali ho imparato il limite del mestiere ma anche i pregi e le opportunità. Se dovessi scegliere un posto ovviamente la scelta ricadrebbe sulla mia pizzeria dove ho lavorato per 18 anni.
3. Come e dove hai appreso l’arte del pizzaiolo? Da dove è nata questa passione? Continui a tenerti aggiornato?
Faccio questo lavoro praticamente da sempre. Mio padre era pizzaiolo e mi ricordo che, dato che da piccolo avevo poca voglia di studiare, mi portava in pizzeria con lui il sabato e la domenica per imparare il mestiere: da lì è nata la passione. Lì ho imparato quanto è difficile un mestiere artigianale con le sue mille variabili e le mille richieste dei clienti, ma anche quanto è bello riuscire a fare un lavoro fatto bene ed avere delle soddisfazioni dai clienti e dai datori di lavoro che ti fanno i complimenti. L’aggiornamento è costante ed inevitabile, i gusti cambiano e tutti vogliamo assaggiare qualcosa di nuovo, buono e soprattutto sano.
4. Cosa ti dona ogni giorno e come ti ha cambiato il tuo lavoro?
Mi dona la possibilità di creare un prodotto da zero e vederlo finito e consegnato al cliente. Senza dimenticare che mi porta a conoscere sempre persone nuove con varie esigenze, vari gusti, vari caratteri: persone simpatiche ed alcune a volte antipatiche.
5. Nutrire le persone è una forma d’arte, ma anche di cura: qual è la tua filosofia sulla cucina? Secondo te sperimentare, informarsi sugli ingredienti, ricercare è in un certo qual modo esprimere amore per le materie prime e dedizione per coloro che mangiano le tue creazioni?
La mia filosofia è semplice: non fermarsi agli stereotipi del “questo è il meglio”. Pochi ingredienti, ben abbinati e possibilmente a km 0. Ecco credo che soprattutto l’ultima caratteristica non sia un mito irraggiungibile: in molti casi è sufficiente anche fare una passeggiata nei campi e raccogliere erbe spontanee come ad esempio ortica, tarassaco, bruscandoi (luppolo selvatico) sperimentando tanto con gli abbinamenti, che in questo modo diventano originali.
6. Come vedi il futuro della cucina?
Il futuro della cucina, come in molte altre realtà, dipende sempre dalla richiesta delle persone. Io invece mi porrei la domanda “Come mi piacerebbe il futuro della cucina?”. Ora viviamo in un periodo dove il cuoco, il pizzaiolo, il panettiere e tutti gli artigiani cercano di spiegarti i propri prodotti per influenzarti e convincerti che stai mangiando bene. Io preferirei che fosse il cliente a comprendere da solo la natura genuina e differente del mio prodotto, basandosi sul proprio gusto e non su come io l’abbia decorato, raccontato o presentato.
7. Quali sono le altre tue passioni?
Le mie passioni sono varie: spazio tra fotografia, scienza, giardinaggio, un po’ di chimica e tecnologia e moltissimi documentari di qualsiasi genere; seguo anche molti youtuber che operano divulgazione scientifica e tecnologica.
8. Hai mai portato la tua esperienza lavorativa al di fuori dell’ambiente culinario? Se, si dove?
Ho portato la mia esperienza parecchie volte fuori dal “semplice” ambiente della cucina: ho incominciato con la produzione e vendita di pagnotte di pane il cui ricavato era destinato ad alcuni preti missionari in Africa, ho poi proseguito con dei corsi per bambini alla festa del paese, dove ho riscosso un enorme successo. In seguito mi sono evoluto e ho offerto il mio lavoro per una raccolta fondi con l’associazione Down Dadi, per approdare infine al corso di pizzaiolo proposto ad alcuni ragazzi autistici dell’Associazione Autismo Padova, in cui hanno imparato ad impastare e a comporre una pizza; nonostante sia stato difficile per loro inizialmente, lavorare con la disabilità è stata una bellissima avventura, molto intensa.
9. Come mai hai deciso di mettere a disposizione le tue conoscenze al servizio di Autismo Padova?
Ho deciso di mettere le mie abilità a disposizione dell’associazione Autismo Padova un po’ per mettermi alla prova, ma soprattutto per conoscere quel mondo di ragazzi con disabilità, che poche persone hanno modo di frequentare, trovandomi in situazioni un po’ particolari da gestire, anche perché ogni ragazzo è diverso come atteggiamento.
10. Questa esperienza cosa ti ha lasciato? Ti è sembrato difficile? Quali sono stati i tuoi timori quali le soddisfazioni?
Questa vicenda mi ha lasciato tanto, e vorrei riproporla appena finisce questo lockdown dovuto al Covid-19. Naturalmente il corso è aperto a ragazzi autistici con un lieve grado di disabilità e che siano in grado di gestire piccole difficoltà. In questo corso ho conosciuto sei ragazzi meravigliosi e riuscire a star loro accanto per accompagnarli nelle piccole azioni di mettere le mani in acqua, sale e farina, aggiungere tutti gli ingredienti della pizza, nonostante spesso ciò rappresenti per loro enorme disagio, convincendoli del valore di mangiare qualcosa fatto da loro stessi alla fine di questa fatica, è stato impagabile. Un’altra situazione con cui mi sono confrontato è stato cercare di aiutare i genitori a rilassarsi durante questa esperienza, lasciando i ragazzi sperimentare liberamente con gli impasti: un giorno ho così escogitato uno stratagemma, preparando due tavoli separati, uno su cui dovevano lavorare i ragazzi, l’altro su cui dovevano impastare i genitori. Facendo così tutti i ragazzi hanno lavorato serenamente ed autonomamente, riuscendo a farsi la pizza, mentre i genitori, componendo e cucinando una pizza in allegria, hanno avuto prova che i loro ragazzi riescono a sviluppare delle abilità grandiose anche da soli. È stata una grande soddisfazione.
11. Consiglieresti ad altre persone di intraprendere questo percorso lavorativo?
Certo che lo consiglio, se lo si fa per passione e divertimento, perché questo lavoro ci permette di divertirci, conoscere molte persone che possono essere colleghi, ma anche gli stessi clienti che ti possono dare grandi soddisfazioni e diventare delle vere e proprie amicizie, come è successo con Amelia e Daniele con cui, oltre a passare delle belle serate tra amici ho fondato l’Associazione Perelun, per cui ora rilascio quest’intervista.
Ringraziamo Enrico per aver condiviso parte del suo percorso con noi e non vediamo l’ora di partecipare ad uno dei suoi fantastici corsi su impasti e pizze!!
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