Thànatos

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Foto dal sito profitablelife.wordpress.com

Ho trascorso parte del tempo della mia vita fra i libri e gli ambienti accademici. Tanta teoria, molti discorsi, dibattiti, seminari, una lunga catena di nozioni e una infinità di risposte tutte diverse e al contempo utili.

Avevo la sensazione che tutto sarebbe andato bene, fino al 2019 quando il mondo intero viene colpito da una pandemia e tutto ciò che riguardo la morte avevo letto, l’ho visto con i miei occhi e toccato con le mie mani. Prima di quei momenti mi ero sempre chiesta come avrei reagito, cosa avrei provato, cosa sarebbe successo alle persone negli attimi che precedono il distacco dalla vita terrena, come sarebbe cambiato il corpo, come avrei preparato la salma, quali sarebbero state le reazioni dei miei colleghi di fronte a questo evento e quali quelle dei familiari.

Tutti tarli che mi giravano per la testa, per i quali avevo risposte teoriche, eppure continuavo a domandarmi come rendere utili i miei studi filosofici davanti a questo nuovo terrificante evento e in un ambiente sanitario, dove all’apparenza può sembrare che non ci sia posto per la filosofia. Questo virus ha sconvolto tutto e tutti, però a me ha dato la possibilità di trovare la meraviglia delle cose. La meraviglia è qualcosa che permette di usare il pensiero e di scavare dentro le profondità del mondo e dell’essere umano; è una scintilla che mette in moto e consente di conoscere in modo diverso.

Grazie a questo ho trovato la filosofia nell’ambiente lavorativo, l’ho incontrata non più in veste concettuale ma pratica: in fondo in questi mesi c’eravamo noi esseri umani tra la vita e la morte e a me puntualmente balzava alla mente questa frase di Epicuro, dalla sua Lettera sulla Felicità, letta e riletta milioni di volte: “La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c’è, quando c’è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti…”. Qualche anno fa ho scritto queste righe dopo essere uscita dalla camera di una delle nonne che abitano il luogo in cui lavoro: Quella figura anziana mi sta guardando, mi dice con tono calmo e indicando lo sgabello nell’angolo della stanza: “Lì seduta c’è la morte.” Sorridendo mi siedo su quella sedia e le dico: “Ora non c’è più l’ho schiacciata col peso del mio essere viva.”

Eppure in questo tempo surreale, c’è chi come me deve preparare le salme dei defunti ed ogni volta che compio questa operazione, a farmi coraggio, scorrono fra i miei ricordi le immagini di un film giapponese del 2008 di Yojiro Takita, premio Oscar come miglior film straniero. Il suo titolo è “Departures”, ovvero “Partenze”, e narra di uomo che diventa un Tanatoesteta, (Thànatos in greco, significa morte e proprio presso gli antichi greci Tanato era la sua personificazione maschile.) Nel film si osserva come l’uomo, tramite un rituale preciso, si occupi del lavaggio, della vestizione e della preparazione dei defunti, che si apprestano a ricevere l’ultimo saluto dai familiari. È il modo in cui vengono preparate le salme, dalla detersione, alla scelta dei vestiti, sino ad arrivare al trucco, a fare la differenza sia per chi si sta occupando di questa delicata attività, sia per i parenti che si accingono a lasciare definitivamente il proprio caro.

Partendo da questo rituale, ho cercato di osservare in maniera diversa ciò che stavo vivendo e compiendo, e grazie all’ausilio di questo film e ad un pensiero, quello Giapponese, completamente diverso dal mio, ho voluto provare a rendere per l’ultima volta il corpo di queste persone a me care il più bello possibile, senza esserne spaventata, intimorita o rattristata. In fondo, come viene esplicitato nel finale del trailer: “È destino di tutti accompagnare qualcuno, è destino di tutti essere accompagnati”. Per le domande che mi sono posta qualche riga più sopra, ho trovato risposte e concretezza, ma sono i frutti di ciò che ho vissuto io in prima linea questi mesi. Ma allora perché, nonostante abbia dalla mia parte la filosofia, che è presente anche nei posti più impensabili della terra e negli angoli più remoti della mente di ognuno di noi, ed abbia accanto a tutto questo sapere il mio vissuto quotidiano, continuo ad avere un senso di paura? 

Bibliografia

Epicuro (2013), Lettera sulla felicità, trad. it. a cura di A. M. Pellegrino, Stampa Alternativa, Roma.

Filmografia

Departures (おくりびと Okuribito, lett. “Persona che accompagna alla partenza”). Regia di Yojiro Takita. Un film con Masahiro Motoki, Ryoko Hirosue, Tsutomu Yamazaki, Kazuko Yoshiyuki, Takashi Sasano. Genere drammatico. Giappone, 2008, durata 130 minuti. Distribuito da Tucker Film.

Valentina Furlan

Valentina Furlan nasce a Padova nel 1989 e da piccola aveva un sogno: conquistare il mondo. Da adulta a modo suo ci sta riuscendo. Presso l’Università degli studi di Padova si laurea in filosofia e Scienze delle Religioni. Le piace leggere, scrivere, guardare anime, fare lunghi tragitti in bicicletta e stare in compagnia delle persone. Il suo sogno è diventare un’insegnante.

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